Giuliano Tomaino è nato alla Spezia nel 1945, vive e lavora a Sarzana; ha iniziato la sua carriera alla fine degli anni Sessanta, nella direzione dell’Arte Povera, con assemblages di objets trouvés.
Gli anni ’70 sono contraddistinti da copriletto utilizzati come supporto per rappresentare la natura, il degrado e l’azione del tempo. Un vecchio raso verde fa da fondale ne L’infanzia di Giorgio (’69), dove i burattini appesi, ricordano la solitudine e la fantasia dell’infanzia. Appartengono allo stesso periodo le staccionate.
Dalla metà degli anni ‘70 la sua ricerca si rivolge alla pittura segnica, caratterizzata da linee che si incrociano in diverse scale di nero e rosso, colori che diventeranno una costante nel suo lavoro, con segni che tendono a ripetersi; sono coevi i collages eseguiti con tessuto sfrangiato.
Oggi è il primo giorno di primavera (’79) è opera matura di questa fase, con i neri modulati, i segni quasi impercettibili e il titolo ironico, primo di una lunga serie; negli stessi anni ha inizio a Milano il sodalizio con il critico Flaminio Gualdoni.
Il soggiorno newyorkese segna una tappa importante nel lavoro di Giuliano che, in quegli anni, frequenta Mario Soldati. Tellaro, dove l’Artista risiedeva, e il paesaggio ligure, entrano nei dipinti sotto forma di segni che rimandano ai pali della mitilicoltura nel golfo, alle meduse (E oltre tutto non sai dove vanno, ’85), alle nuvole (è il mare dileguato nel cielo, ’86), al porto (Dietro la poppa una luna immensa).
Nel ’90 compare il tema del cimbello (lo zimbello, il richiamo per gli uccelli), suggerito dalle rondini che entrano nello studio sarzanese, dove Tomaino lavora tuttora; gli spazi espositivi interessati al suo lavoro aumentano per numero e importanza (le gallerie Heinz a Zurigo, Mc Cann a Francoforte, Tornabuoni a Firenze, Susanna Orlando a Forte dei Marmi) fino al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, con Tomaino gli anni ‘80 del ‘91 o al Museum im Vogtturm di Zell am See in Austria.
In questa fase l’Artista contamina i temi legati al territorio con i drammi dell’attualità (Pensando al Golfo, ’91). Il motivo dei cimbelli ritorna insistentemente in Come dentro un vecchio colombaio (’92) o in Itinerari per Sarajevo (’93), utilizzati quale segnaletica nel centro storico di Sarzana. Le gambe a V verso l’alto (Fuori gioco, ‘93) sono un’altra tappa (V di Vincent, ma anche premonizione di una caduta rovinosa). Lo stesso anno lo studio di Tomaino e il sottostante ex biscottificio abbandonato ospitano La presenza della virtualità. Arte come pre-, mostra con sedute preliminari sul concetto di installazione site-specific; nasce un importante sodalizio con Claudio Costa, uno dei massimi esponenti dell’arte etnica, coordinatore della mostra, e con gli artisti a lui collegati. Fra questi Costantino Ciervo, Pietro Perrone e Ampelio Zappalorto, presenti nel panorama artistico internazionale, Philip Corner, esponente storico del Fluxus e Jacob De Chirico; quindi Fabrizio Garghetti, fotografo di artisti, Antonio Porcelli, esponente del Neo-Futurismo, i genovesi Luigi Tola e Rodolfo Vitone, rappresentanti storici della Poesia Visiva. Nel ’94 Tomaino organizza con Claudio Costa l’evento work in progress, nella cava La Piana a Carrara, presentato da Bruno Corà.
L’opera Come dentro un vecchio colombaio, dipinta stando sospeso dentro la pala di un enorme Caterpillar, che è un lontano riferimento alle decorazioni delle grotte di Lascaux, ripropone il tema consueto del cimbello su scala monumentale, dando inizio a un nuovo lavoro macrodimensionale che ancora oggi è cifra del suo fare artistico.
La trilogia de Il movimento della virtualità. Arte come pre- si conclude lo stesso anno a Biella, a Palazzo La Marmora, con Cambio pelle, installazione di grandi dimensioni che interagisce con la tappezzeria del salone; l’evento è occasione dell’incontro con Aldo Mondino. Triebquelle, organizzata presso il Botanikum di Monaco di Baviera nel ’95 è un’altra tappa della carriera di Tomaino, che stabilisce contatti con Heinrich Bunzel, esponente della Land Art, con Ugo Dossi, Mario Mariotti e Urano Palma. È l’occasione per rincontrare Jacob De Chirico, Angelika Thomas, Philip Corner, e per iniziare un’importante collaborazione con lo scultore del vetro Massimo Lunardon.
Per Triebquelle, biennale dedicata all’acqua, Tomaino progetta ed esegue l’opera Houdini, che punta sul fascino del gioco e del pericolo. Nel ’96 iniziano gli Abbracci (una sorta di lunga stola a forma di U che termina con due mani) e le cere. La mostra Tomaino. Su due piedi alla galleria Eos di Milano, segna la ripresa dopo l’incidente e l’amicizia con Tommaso Trini.
Nel 1997 l’Artista è presentato da Marzia Ratti alla Spezia presso il Centro Allende con la mostra Thaumata, nella quale il tema del cavallino a dondolo compare per la prima volta come uno dei suoi simboli caratterizzanti.
L’anno successivo esegue un’installazione sulla facciata dell’Oratorio in Selaà a Tellaro con mani e piedi divenuti ex-voto.
Nel 2001 è realizzata per il Castello San Giorgio della Spezia la grande installazione Agilulfo, cavaliere inesistente in occasione della mostra Di luce in luce.
Sei artisti italiani per la Biennale di Dakar del 2002, è un altro momento-chiave per il contatto con l’Africa e con Fabio Gori, Massimo Luconi e il ceramista Mauro Petroni. Compaiono le figure stilizzate in serie Abracadabra e le carte vetrate.
Il tema delle case dei santi, dagli importanti sviluppi successivi, inizia nel 2004 in forma pittorica e stilizzata, a seguito di una visita nel territorio della Garfagnana a S. Pellegrino in Alpe, per giungere l’anno successivo alla forma-archetipo definitiva e tridimensionale.
Il 2006 vede Voyage dans la lune esposto nel cortile degli Uffizi a Firenze, quindi collocato in Borgo Allegri e Wunder kammer a Roma; un anno dopo Italo’s house, La Casa di Italo, a Siena, è un omaggio a Italo Calvino.
Nel 2008 Tomaino porta le sue case a Beit Hanin (Ramallah, Gerusalemme) e realizza con giovani italiani, palestinesi e israeliani un grande murales.
Aumentano gli appuntamenti nel 2009 con Tomaino. Le acciughe fanno la palla al Galata Museo del Mare di Genova, importante per l’ampiezza delle installazioni, poste anche all’esterno nel Porto Antico e con Pietra&Co. a Sirmione, un esempio di Public Art.
L’anno si chiude con Tomaino. L’albero delle carrube, al CAMeC della Spezia, una grande narrazione per opere che, partita dall’infanzia, approda alle Sculture in città, rosse e indimenticabili. è una nuova fase con sculture scatolari di grandi dimensioni, che propongono i temi propri di Tomaino su scala urbana.
Il 2010 segna un’altra tappa fondamentale nella carriera di Tomaino: la trasformazione di normali alberghi in hotel d’artista, con l’Hotel Michelangelo a Carrara, insieme alla Tomaino’s Factory (Balsotti, Fiorellini, Guastini, Del Pistoia, Lanzardo, Lunardon, Modugno, Ricci), che in questa occasione si presenta ufficialmente; l’esperienza prosegue con Residenza Palazzo Visdomini, a Pietrasanta, nel 2011.
Tomaino viene inoltre selezionato per l’edizione ligure della Biennale veneziana, il suo Agilulfo ricoperto di biglie è una delle opere più fotografate, mentre Oplà, sul piazzale della stazione ferroviaria della Spezia, è prepotentemente entrato nel panorama urbano, insieme all’intervento nelle scale, che è il biglietto da visita della città.
Tomaino ha una speciale attenzione per i titoli che, ‘fiancheggiando’ l’opera, ma senza descriverla, sono, sostiene l’Artista, “a volte più belli delle opere ”.